La bugia, per definizione, è una falsa affermazione fatta per nascondere qualcosa o per dare un’immagine di sé diversa da quella reale.
I bambini non sono esenti dal fascino di raccontare cose non vere, ma questa è una delle cose più normali che esistano.
Naturalmente ci sono delle eccezioni e delle differenze da fare in particolare in base all’età.
Ad ogni età la sua bugia
I bambini molto piccoli, quindi intorno ai 2-3 anni, in genere mentono per negare di aver fatto qualcosa (per esempio per aver sporcato o rotto qualcosa). Essi non sono ancora in grado di distinguere la verità dalla finzione, quindi non ha alcun senso rimproverarli. E’ utile, piuttosto, mostrare loro che non è necessario cercare un colpevole, ma sistemare semplicemente le cose (pulire dove ha sporcato, raccogliere, aggiustare ciò che è stato rotto, ect.).
Intorno ai 3-4 anni le bugie assumono la forma di veri e propri racconti fantastici. Il loro è un gioco che li aiuta a far fuoriuscire la grande fantasia che li caratterizza. A ben pensarci, inventare e raccontare storie è un gioco molto antico, che veniva fatto dai bambini quando la televisione non c’era.
In età scolare la menzogna indica un importante sviluppo del bambino: consapevolezza sociale e sensibilità. Spesso, infatti, mentono per evitare di deludere qualcuno che amano, o per paura di punizioni o perché semplicemente stressati.
A quest’età comprendono la funzione manipolatoria che una bugia può avere sulla realtà e quindi cominciare a mentire di proposito. Qui è importante l’intervento del genitore/educatore:
E’ utile spiegare che la FIDUCIA è un valore importante tra gli individui e che può essere persa con un uso sconsiderato della bugia. Bisogna far comprendere loro che dire la verità è un grande atto di coraggio che va premiato.
Se alla bugia si accosta una tendenza a colpevolizzare o denigrare altri, il piccolo potrebbe avere una bassa autostima e poca fiducia in se stesso e questo è un fatto che va considerato.
Durante la preadolescenza, mentire indica riservatezza, che denota una crescita. Non bisogna risentirsi del fatto che i ragazzi non raccontino più cose che prima condividevano con mamma e papà.