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Allattamento e ragadi: tre consigli per evitare le lesioni (Prima Parte)

L’allattamento dovrebbe essere un momento magico, eppure, spesso, questo momento diventa una sofferenza per la mamma a causa delle ragadi al seno.

Si tratta di lesioni che compaiono sul capezzolo e che nei casi peggiori possono diventare profonde fino ad infettarsi e sanguinare.

Molte donne decidono di interrompere l’allattamento proprio a causa di queste lesioni: se il bambino continua a nutrirsi solo con il latte materno infatti, suggendo, provoca una riapertura delle ferite e innesca un circolo vizioso. A questo punto la mamma inizierà ad affiancare al proprio latte quello artificiale che, essendo più facile da ingerire, in breve tempo renderà per il bambino molto meno appetibile quello del seno materno.

A causa delle ragadi, insomma, molte donne interrompono prematuramente l’allattamento. Questo di per sé non è un male: ogni donna dovrebbe sentirsi libera di seguire il proprio istinto e allattare non dovrebbe essere un sacrificio. Tuttavia, le ragadi non sono una condanna senza appello: è possibile evitarle in partenza. In questo articolo, sintetizziamo questa materia complessa in tre consigli generali che dovrebbero consentire di evitare, o almeno limitare, l’insorgenza delle ragadi.

Conoscere il problema da vicino

Si stima che circa l’80% delle donne abbia sperimentato dolore o indolenzimento al seno già dopo i primi giorni di allattamento. In condizioni normali, però, questo fastidio viene meno entro la prima settimana. In circa il 30% dei casi, però, il dolore perdura fino a diventare più intenso. A questo punto compaiono ragadi, abrasioni del capezzolo e dell’areola.

Purtroppo, oltre che dolorose, le ragadi sono anche pericolose: attraverso le ferite i batteri possono introdursi nel corpo della donna e causare delle infezioni. L’infezione più ricorrente è quella causata dallo stafilococco aureo che, se non trattata, può degenerare in mastite. Una volta giunti a questo punto, non si può che sospendere l’allattamento e ricorrere ad una terapia antibiotica.

In casi meno gravi, comunque, la comparsa delle ragadi non deve comportare un abbandono immediato dell’allattamento. Si possono offrire al bambino poppate più frequenti, ma di minor durata (che non superino i 20 minuti) e cambiare spesso il seno.

Le ragadi sono causate da una tecnica di allattamento non corretta

Dobbiamo innanzitutto tenere presente che le ragadi sono causate dal fatto che spesso il bambino si “attacca male”. Molte donne, per inesperienza, mantengono una posizione eretta durante l’allattamento. Da questa posizione, il bambino non riesce a tenere in bocca il capezzolo nella sua interezza, ed è quindi portato a succhiare con veemenza la parte a cui ha accesso, provocando dolore.

Inoltre, essendo il bambino più in basso rispetto al seno, il capezzolo finirà con il battere contro il palato del bambino, che è molto più duro rispetto alla lingua. Questo, oltre a rendere ancora più difficoltosa la nutrizione per il piccolo, indurrà nel tempo piccole spaccature nella pelle del delicatissimo seno, fino a portare a vere e proprie ferite.

La posizione corretta, invece, è quella inclinata. La donna dovrebbe offrire il seno al piccolo curvandosi verso di lui, in modo tale che il bambino abbia la possibilità di suggere il latte senza problemi. Questo dovrebbe anche stimolare la produzione di latte, in modo tale che il bambino non debba succhiare troppo per farlo uscire, ma che esso esca spontaneamente.

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