Almeno fino a pochissimi anni fa, si credeva che la componente genetica della Sindrome di Down fosse nulla. Dopotutto chi è affetto da questa sindrome non è in genere in grado di riprodursi (la sterilità è la norma) ed è quindi difficile anche pensare che si possa trattare di un fenomeno di carattere ereditario.
Ricerche recenti hanno però individuato delle anomalie genetiche in circa 1 su 100 dei genitori di bambini affetti dalla sindrome di Down, scoperta che ha aperto le porte alla possibilità dell’ereditarietà di tale sindrome. Senza entrare in tecnicismi esasperati, cercheremo di spiegarvi cosa vuol dire quello che abbiamo appena affermato.
Portatori sani di trisomia?
Il discorso sarebbe leggermente più complicato, ma per renderlo comprensibile a chi non è proprio ferrato in materia di genetica e DNA, possiamo dire che in circa 1 su 100 delle coppie di genitori che danno vita ad un bambino affetto da sindrome di Down, si riscontrano problematiche di carattere genetico, con una sorta di trisomia (che però non da seguito ad alcuna sindrome) che può essere trasmessa dunque al nascituro.
Si tratta comunque di casi molto rari, che secondo le ricerche più recenti non costituirebbero che l’1% della totalità dei casi di sindrome di Down.
E in caso di genitori con sindrome di Down?
Nel caso di genitori con sindrome di Down, i casi di concepimento e successiva gravidanza sono comunque così pochi in letteratura scientifica da non fornire alcun tipo di statistica attendibile. Ad esempio, nel caso di padre con sindrome di Down si ha solamente un caso registrato nella storia, mentre nel caso delle madri, i casi sono sì più numerosi, ma comunque non in grado di fornire statistiche attendibili.
Si può prevenire?
No, non ci sono al momento delle analisi in grado di fornire uno studio preventivo delle probabilità di concepire un figlio affetto da sindrome di Down. Gli unici strumenti diagnostici restano quelli delle analisi post-concepimento, come l’amniocentesi.
Per il resto bisognerà aspettare sviluppi in questo senso, che riusciranno a fornire degli strumenti diagnostici per le coppie che vogliano individuare preventivamente la possibilità di concepire un bambino affetto da questa patologia.
Bisogna comunque sottolineare di nuovo il fatto che si tratta di strumenti che riuscirebbero a prevedere solo 1 su 100 dei casi.