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Urla e rimproveri a voce alta: cosa provocano al bambino

Non esiste al mondo un manuale che insegni ad essere il migliore genitore in assoluto. Sicuramente è un ruolo difficile che richiede moltissima pazienza, soprattutto nei primi anni di vita del bambino.

Secondo la psicologia infantile, alcuni comportamenti, anche se ritenuti educativi, andrebbero evitati da parte dei genitori perché danneggerebbero la crescita dei figli.

Per esempio, una ricerca pubblicata sulla “Rivista dello Sviluppo del Bambino” è giunta a conclusioni abbastanza allarmanti: rimproverare ad alta voce potrebbe riportare effetti negativi sul bambino equiparabili a quelli causati da una violenza fisica.

La stessa indagine ha dimostrato che sbraitare non rende affatto il genitore più autoritario agli occhi del figlio, bensì si presenta come una persona che non ha il controllo della situazione. L’insicurezza dimostrata scatena una perdita di fiducia nei confronti del padre o della madre.

Quali sono gli effetti delle urla sui bambini?

Secondo uno studio condotto dal professore Alan Kazdin dell’Università di Yale, i danni psicologici causati dalle urla contro i bambini sono:

  • attacchi di ansia;
  • insicurezza e scarsa autostima;
  • depressione.

L’analisi ha anche dimostrato come questo tipo di comportamento non abbia alcun effetto educativo. Si tratta quindi solo dello sfogo della rabbia e della frustrazione del genitore.

Come si può evitare di urlare contro i bambini?

Esistono dei modi alternativi da preferire ai rimproveri ad alta voce, che come abbiamo visto sono inutili oltre che dannosi. Per questo motivo è meglio indirizzarsi verso un cambio di abitudini, instaurando un dialogo costruttivo.

I bambini, infatti, ascoltano solo se viene loro spiegato con calma perché quel determinato comportamento è sbagliato, con espressioni semplici, dirette e “positive” (cioè quelle senza il “non”).

Non è un’impresa semplice, ma lo sforzo verrà sicuramente premiato sia con visibili miglioramenti nel rapporto genitori-figli, sia in termini di benessere mentale di entrambi.

Un esempio pratico è la cosiddetta fase dell’esplorazione: quando il bambino inizia a camminare, la sua curiosità lo spinge anche verso oggetti pericolosi.

Al posto del categorico “non toccare!” si potrebbe prediligere una spiegazione come “stai attento, mettere le mani nella presa è molto pericoloso”. I nostri bambini hanno bisogno di istruzioni per imparare a vivere, non di divieti!

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